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Intervista con Jazzincase

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view post Posted on 4/12/2019, 08:40
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Intervista con Jazzincase

E’ disponibile sulle piattaforme digitali e nei digital store “the Second” (Irma Records), il nuovo album dei jazzincase, progetto smooth jazz composto da KikiOrsi alla voce, Luca Tomassoni al basso e contrabbasso e Claudio Trinoli alla batteria. Il disco è stato anticipato lo scorso 15 novembre dall’inedito “Beautiful like me (a paper doll)”. L’album abbraccia le sue radici nello smooth jazz, una fusion di generi che vede protagonista in parte il jazz, il pop, la lounge, il drum'nd bass, il rithm'nd blues… A “the Second” hanno collaborato grandi musicisti come Toti Panzanelli (chitarra), Alessandro Deledda (piano e tastiere e arrangiamenti), Luca Scorziello (percussioni), Eric Daniel (sax), Massimo Guerra (tromba), Emanuele Giunti (piano), Giovanni Sannipoli (sax), Peter de Girolamo (piano, tastiere e arrangiamenti) e in ultimo, ma non ultimo, il grande produttore Nerio Papik Poggi. Ecco l’intervista gentilmente rilasciata…

Come si caratterizza questo vostro nuovo album, “the Second”, rispetto al suo predecessore?
Ci piace pensare che il precedente sia il fratello minore con: proprie peculiarità, caratteristiche, carattere, personalità. In Bonbon City (uscito nel 2018) il vissuto era citato dalla cronologia del tempo, dalle balle che ci raccontiamo, dagli aneddoti di vita. Il tutto arrangiato utilizzando, oltre alla zampata jazz, l’ironia dello swing, la forza della bossa. In “the Second”, il nostro nuovo album, c’è la maturità di un ragazzo più grande (il nostro progetto), che si fa largo nella vita osservandone da vicino le reali bellezze e si ritrova, per dare più forza ai testi, in un mondo più pop, anche un pizzico più rock e sempre trascinato dalla bossa e da emozioni diverse da scoprire con un filo conduttore: l’abbraccio del jazz.

La bellezza è un po’ il filo conduttore del disco…
Si, la bellezza è Il leit motiv dei cinque inediti : quella di accettarsi per ciò che siamo senza rincorrere inutili sterotipi in “beautiful like me (a paper doll)"; la bellezza di ricredere in un nuovo amore e nel gioco che ritorna nella nostra vita insieme a lui in “The game”; la bellezza delle donne che riescono, nonostante i dolori, a rialzarsi e ritrovarsi in “C’est un chat! (probable); la bellezza di saper scegliere tra la vita reale e la facilità del vivere dove quest’ultima è troppo spesso una vera e propria arma di distruzione in “Missis Hyde; la bellezza di lasciare libera la persona che amiamo di andarsene se lo desidera senza pretendere che rimanga per mero possesso in “Cover me”.

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Possiamo dire che l’album è un segno della vostra coerenza musicale il saper seguire un vostro percorso artistico…
Andrea… grazie di chiedercelo. Non è stato facile cambiare rotta tra il primo ed il secondo, così repentinamente, ma abbiamo deciso di avere il coraggio di farlo, di cavalcare l’onda del cambiamento… e il bello, lo sai qual è... che non è finita!

Come trovate cambiato il mondo della musica, dai vostri esordi ad oggi?
Beh, moltissimo anche se, fortunatamente, di musica al mondo ce n’è tanta e varia e quindi ognuno può continuare a perseguire il proprio ascolto, ad alimentare il proprio mondo. Comunque va bene, i nostri nonni vivevano più inorriditi, rispetto alla nostra generazione, i cambiamenti. Noi siamo stati fortunati ad aver ascoltato gli anni ’70 in tutte le loro sfaccettature, vissuto gli anni ’80 e così via a venire. Abbiamo scelto di comune accordo lo smooth jazz perché ci consente di poter spaziare liberamente senza dover necessariamente ancorarsi o fermarsi, lasciando come filo conduttore il jazz. Ma chi non vorrebbe averlo come compagno di viaggio?

Quanto conta per un artista riuscire ad osservare e sintetizzare tutto quello che gli sta attorno?
Tanto e soprattutto. Le strofe delle canzoni sono didascalie delle foto da descrivere. In poche righe/note bisogna lasciare la sensazione da trasmettere. Una scommessa ogni volta, una vittoria si spera.

Oggi la vera trasgressione sta nella normalità?
Certamente e “the Second” lo vuole dimostrare parlando della bellezza di: accettarsi, saper giocare, ritrovarsi, conservarsi e rispettare. Sono tutte azioni che dovrebbero essere normali e coniugherebbero il saper vivere e il regalare, alla propria vita e a quella delle persone che ci circondano, la nostra parte migliore e darle un senso vero. Di cui essere orgogliosi.

E’ stato complicato mettere insieme le canzoni che avrebbero fatto parte di “The second”?
No, gli inediti sono arrivati da soli e gli editi anche. Non c’è stato un vero ragionamento inizialmente. Le canzoni contenute, tutte, si sono incontrate e hanno deciso di fare questo percorso insieme e strabiliantemente hanno trovato una loro forza comune, nonostante le differenze compositive. E insieme fanno la forza.

Ci sono dei ricordi divertenti legati alla lavorazione del vostro disco?
La lavorazione di un disco è il sabato del villaggio. Dalle risate in sala prove alla pappa di Laura, la moglie del nostro batterista, Claudio (e i litri di vino rosso) Dalle scelte condivise per gli arrangiamenti con Peter de Girolamo, Alessandro Deledda, Nerio Papik Poggi, a chi chiamare per suonare questo o quello e interagire con musicisti del calibro di Toti Panzanelli alla chitarra, Luca Scorziello alle percussioni, Eric Daniel e Giovanni Sannipoli al sax, Massimo Guerra alla tromba, Emanuele Giunti al piano. Farsi un video con Antonella Luccarini (interprete di francese) e Kiki che viene “cazziata” dalla “maestra” ogni volta che fa un errore. E’ stato bello anche pensare in solitaria ognuno al meglio per l’altro, per il progetto d’insieme. Concentrarsi su un testo o ripetere una frase, una strofa fino a che non assume il senso voluto. Sia nella risata fragorosa, che nel video da postare dove si evince che anche dei ragazzi “grandi” come noi dicono e fanno una marea di cavolate… una marea davvero, c’è stato tanto divertimento e gioia di vivere.

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Cosa vi piace particolarmente del linguaggio musicale?
Possiamo dire tutto, dalla musica classica al jazz, ci accomuna ciò che eseguiamo perché è la somma delle nostre esperienze ecco perché abbiamo detto prima: ”e non è finita!”

Quanto è utile per un giovane artista avere dei riferimenti tra i suoi predecessori?
Essenziale, c’è da auspicarsi che i giovani ascoltino quanta più musica possibile anche e soprattutto delle generazioni precedenti. E’ l’unico modo per farsi un’idea personale, allargata e culturalmente appagante. Ed approfittare di una visione più ampia anche, e soprattutto, per le proprie composizioni ed avere quanti più riferimenti possibili. Le mode musicali oggi, spesso, non raccontano questo…

La musica dovrebbe essere considerata cultura, eppure a volte si ha l’impressione che da molte istituzioni o persone non sia trattata così… che ne pensate?
La pensiamo così. Risposta difficile che fa cadere nella tentazione di entrare in polemica. Tutto troppo facile per pochi eletti… domanda di riserva?

Avete un pubblico che vi segue fin dagli esordi? Com’è il vostro rapporto con loro?
Emozionante, bellissimo da subito, non è un pubblico eterogeneo ed è ovunque, non necessariamente italiano. Lo scambio avviene naturalmente attraverso i social o vis a vis durante i concerti.

Cosa consigliare a chi intende avvicinarsi alla vostra musica?
Di non fermarsi all’apparenza, di ascoltarci più volte se non conoscono il valore di una fusion come lo smooth jazz, di entrare nei nostri testi, di trovare le proprie sfumature e magari organizzare una cena tra amici e farci ascoltare o metterci in sottofondo… è un’immagine, quest’ultima, che ci piace molto. Sa di casa, di accoglimento, di un abbraccio caloroso e della giusta energia.
 
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