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Nuova intervista con Giorgio Barbarotta

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view post Posted on 10/1/2017, 10:34
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Nuova intervista con Giorgio Barbarotta

Dal dicembre scorso è disponibile in tutti i maggiori webstore digitali il nuovo album di inediti di Giorgio Barbarotta L'ARCIPELAGO. Il cd in versione digipack con booklet 24 pagine comprendenti i testi delle dodici canzoni e un'ampia raccolta fotografica, oltre al supporto serigrafato, può essere richiesto direttamente ai concerti o ordinandolo al sito www.giorgiobarbarotta.it. Ecco l’intervista gentilmente rilasciata…

E’ uscito il tuo nuovo album, “L’Arcipelago”. Quali le novità rispetto all’album che lo ha preceduto?
“L’arcipelago” è un lavoro dalla struttura musicale più orchestrata, creato per ricerca di varietà e suggestioni sonore anche lontane tra loro, tonalità, sormonti e rimandi volutamente ad ampio spettro, ottenuti sfruttando appieno le potenzialità dello studio di incisione. Ritmicamente e armonicamente eterogeneo, sul fronte testuale è un disco molto sfumato e liricamente improntato alle immagini, con ampio uso di similitudini, metafore e allegorie. Le tematiche spaziano dall’oggi all’autobiografico.

Un titolo, quello che hai scelto, che tiene conto di come la nostra società sia sempre più vicina e connessa anche tra stati geograficamente lontani?
Esatto. Gli individui e le civiltà più distanti si trovano comunque nella condizione e necessità di doversi continuamente confrontare per trovare un equilibrio esistenziale, sociale, culturale. Apparentemente isole, in realtà siamo tutti bagnati dallo stesso mare, dalla stessa corrente, spazzati dagli stessi venti. La comunicazione globale e la possibilità di spostarsi in breve tempo con mezzi veloci hanno accentuato la nostra possibilità di relazionarci con mondi lontani. Resta fondamentale un approccio civile, rispettoso.

Oggi, tra l’altro, siamo quasi spinti a far qualcosa per cambiare in meglio il mondo, magari partendo dalle piccole cose quotidiane…
Concordo. Credo che compiere quotidianamente al meglio il proprio dovere, svolgere bene i vari ruoli che ricopriamo, ragionare sulle singole scelte in modo eticamente consapevole, sia già un piccolo passo verso il raggiungimento di obiettivi apparentemente molto più grandi di noi. Migliorarsi è un ottimo mezzo per sentirsi attivi in questo mondo. “Libertà è partecipazione” diceva Gaber, oggi più che mai vero.

La musica, come sta evolvendo in questi ultimi anni, risentendo anche delle contaminazioni internazionali?
C’è un’offerta e una possibilità di fruizione musicale sconfinata e vastissima. Difficile averne una visione totale. Il mezzo del web peraltro ti dà la possibilità di poter far ricerca, curiosare, approfondire conoscenze, ispirarsi a nuovi sound, attingere a infiniti stimoli. Trattasi di un’evoluzione ad ampio raggio, indissolubilmente legata alla tecnologia, almeno nella diffusione commerciale. Trovo anche che dove c’è il business vi sia comunque una tendenza all’appiattimento generale della proposta, vedasi il pop da topten.



Attenzione all’ambiente che ci circonda anche nel tuo brano, “Quaranta gradi Celsius”, dove non manca l’utilizzo della sottile ironia…
Credo sia un buon approccio per non risultare pesanti all’orecchio dell’ascoltatore e comunicare con più efficacia. Col sorriso e un pizzico di ragionata leggerezza nelle canzoni si possono toccare argomenti molto importanti come ad esempio il surriscaldamento e le variazioni climatiche del pianeta. Ho sempre avuto un occhio di riguardo per il mondo naturale, lo rispetto, è sempre fonte di grandi emozioni.

Quando stavi preparando il nuovo album ti è capitato di rivoluzionare qualche brano oppure c’è stato un “buona la prima”?
Il “buona la prima” in realtà è raro. Le idee, musicali, poetiche, lessicali, sono passibili fino all’ultimo di continue modifiche, migliorie, tagli, sostituzioni, soluzioni altre. Mi piace rincorrere le tracce del buon esito di un pezzo come un segugio affamato. Mi diverte e mi appaga. Finché un brano, una canzone, una strofa, un riff, un passaggio eccetera non indossano il loro vestito migliore non sono a mio agio. Ho la fortuna di avere dei collaboratori molto pazienti con me e disponibili.

Scrivere un nuovo pezzo richiede una cura certosina fin nei minimi dettagli?

Per la mia esperienza e visione del mondo musicale e per il rapporto che ho con creatività, espressività e linguaggio artistico, sì. Caratterialmente peraltro sono meticoloso, pignolo.

Difficile riuscire a far convivere melodie e testi?

Affatto, è uno splendido gioco e un’attività appagante. Se aggiungi la possibilità di dialogare con un buon pubblico attraverso l’ausilio e la condivisione, professionale e umana, con bravi musicisti, il gioco è fatto.

Ci sono degli aspetti del nuovo album che ritieni fondamentali e quindi da evidenziare?
La densità del verso e la ricerca del manto sonoro su cui sono poggiate melodie e parole.

Un brano, oggi più di ieri, dev’essere fatto per essere apprezzato in tutto il mondo?
Non credo. Penso debba soddisfare in primis il suo creatore, essere coerente con la sensibilità che ne contraddistingue la scrittura, il percorso, la vita stessa. L’esito che ne scaturisce a pubblicazione avvenuta esula da una dimensione di scrittura iniziale. Ha in sostanza una vita propria a posteriori. Chi lo apprezza o meno ha tutta la libertà di poterlo fare in base alle proprie attitudini, gusti, momento, esperienza, empatia o meno. Anche l’immagine gioca un ruolo a favore a discapito. Chi scrive canzoni e musica ne è conscio.

Quando una canzone nasce con accuratezza e sincerità, il pubblico se ne accorge?
Decisamente. Risulta subito credibile. La credibilità è un dote fondamentale per la riuscita di un buon pezzo. Anche le tematiche universali garantiscono buona comunicatività e riuscita. Sono da evitare retorica, luoghi comuni e piaggeria. L’autore e il pubblico – entrambi – meritano sfide degne nell’incontro tra proposta artistica e ascolto.

Ultimamente, stiamo vedendo molti “Viaggi della speranza” da parte di popolazioni che fuggono alle guerre e rischiano la vita per arrivare nel nostro Paese, con imbarcazioni di fortuna… Come vedi la questione e poi pensi che la musica possa contribuire alla solidarietà ed alla fratellanza tra genti di culture diverse?
La gente ambisce per istinto e per diritto a perseguire la felicità. Dove c’è guerra, distruzione, sofferenza, privazione dei fondamenti di civiltà, povertà, carestia, mancanza di sicurezza per se stessi e i propri cari, dove c’è carenza di lavoro, lì si genera la volontà di fuga verso luoghi migliori. Comprensibile. Io sono francamente orgoglioso che in qualche modo il nostro Paese si sia fatto carico di prestare rifugio a tante persone che si sono lasciate alle spalle morte e assenza di prospettive future. A poche centinaia di metri da dove vivo c’è una caserma che ospita circa 700 migranti. L’argomento è ampio e delicato. Per tornare alla musica ritengo che essa sia uno straordinario mezzo di comunicazione, sano, costruttivo, vivo, straordinariamente intriso di cultura e espressione del sé. La musica crea ponti, unisce, accomuna, è direttamente connessa alla Bellezza, al cuore nobile dell’uomo.

Per un futuro migliore, serve…
Impegno, tolleranza, verità, armonia, onestà.

Sito Ufficiale:
www.giorgiobarbarotta.it
 
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