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Gli Eternit debuttano con il disco Figli Di

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view post Posted on 4/7/2016, 17:38
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Gli Eternit debuttano con il disco Figli Di

Si intitola Figli Di il primo disco della band romana Eternit composta da Francesco Scalabrella alla voce e al basso elettrico, Emanuele Scalabrella alla chitarra elettrica, Davide Vacatello al piano, synth e theremin e da Stefano Palena alla batteria. Un progetto rock, dalle tinte prog che sfocia nel cantautorato raccontando stati d’animo attuali, paesaggi urbani e la realtà di tutti i giorni. Francesco Scalabrella ci ha parlato di questo progetto nato con tanta passione dopo due anni di lavoro in sala prove.

Figli Di a nostro avviso è un disco in cui il rock si fonde con il cantaurato e anche con quelle atmosfere digitali tipiche dei giorni nostri. Per cominciare l’intervista, dunque, vuoi presentarci questa opera prima degli Eternit?
Sì è tutto vero, lo ammettiamo. Ci abbiamo messo due anni a trovare la giusta dose delle diverse sonorità che ci piace portare in sala. Diciamo che prevale l'approccio rock, di volta in volta attratto dalle polarità prog, da quelle elettro e anche da quelle dell’indie italiano. Abbiamo lavorato molto in sala prove fra composizione, arrangiamento e rifinitura pre-registrazione.



Per quanto riguarda la composizione dei brani, non abbiamo potuto fare a meno di notare una forte componente legata al rock progressive degli anni ‘60 e ‘70. Quanto è importante per voi il retaggio culturale di questo periodo?
E' fondamentale. Di quel periodo è incredibile il modo in cui la musica poteva prendersi il tempo necessario per esprimere il proprio messaggio, perché c'era una predisposizione all'ascolto che oggi manca. Poi lasciando perdere le disquisizioni sui massimi sistemi, in un panorama in cui è comunque difficile innovare, a noi interessa costruire la nostra cifra stilistica, all'interno della quale possiamo inserire gli ingredienti che ci piacciono nelle misure e nelle forme che ci piacciono.

I testi del disco, invece, parlano di tematiche attuali che riscontriamo spesso nella vita di tutti i giorni. Perché questa scelta? Sentivate l’esigenza di raccontare il “quotidiano” attraverso la musica e le vostre composizioni?
A quanto pare sì... Il tutto è venuto fuori in automatico: partiamo sempre dall'improvvisazione in sala, poi ci rendiamo conto che il suono e le note suggeriscono questo o quello stato d'animo. Quindi poi si tratta di estrarre le parole dalla musica. Raramente nasce prima il testo, e in quel caso comunque si innesta poi su della musica creata liberamente suonando insieme. Dai nostri brainstorming in sala, poi, nascono delle creature che successivamente strutturiamo secondo una forma narrativa che ci sembra interessante.

In generale, visto che all’interno del disco c’è una forte componente legata al cantautorato ci vuoi raccontare quali sono le tematiche che affrontate?
Ci sono dei quadri che ritraggono circostanze emozionali o atteggiamenti psicosociali di vario genere legati alle eredità della nostra generazione, come nel brano Figli Di, o al corredo genetico dell'essere umano, come in Nel Mio Riflesso, espressi con relativi stili narrativi all'uopo. C'è la crisi, ma non tanto quella economica, quanto quella emotiva. Quella di quando sei confuso, di quando ti senti così disorientato che non ti riconosci più allo specchio e fare tanti selfie può sembrare utile ma in realtà non ti serve neanche un po'. Allora se ti dice bene ti guardi dall'esterno e cerchi di capire chi sei stato fino ad ora, cosa puoi diventare. Cerchi di capire quali carte ti puoi giocare. Sei di fronte a una situazione apparentemente sfavorevole, e allora che fai? Noi ci siamo messi a suonare, contro tutti i pronostici e lo stiamo facendo in Italia. Si può sempre essere figli di qualcosa, ma a un certo punto bisogna scavalcare lo steccato e andare oltre.



Parlate spesso di crisi, disagio e difficoltà di questa epoca: qual è la vostra percezione dei tempi moderni con riferimento alla musica?
La crisi del mondo musicale è palese. Basti pensare che un tempo il disco d'oro era 1 milione di copie, oggi 25 mila bastano. Non si vendono più dischi (quindi non si ascoltano album interi, anche se il nostro è un album da ascoltare tutto intero!). Però la musica live ha ancora senso, anche se purtroppo in Italia manca la cultura della musica dal vivo. Noi abbiamo appositamente aperto una scuola di musica qui a Roma e cerchiamo di promuovere l'amore per i concerti, per le jam session, per l'ascolto.

Una domanda personale ora: quando si incide un disco sappiamo bene che c’è un lungo periodo di lavorazione e tanta fatica. Come ricordate questo frangente? E soprattutto quali sono state le esperienze positive che vi hanno fatto crescere?
E' stato bello. Comporre insieme, chiudersi in sala e lasciarsi suonare. Poi successivamente diventare più pragmatici e capire che forma dare alle proprie creature (per questo è stato importante l'apporto di Francesco Catitti, il produttore che abbiamo scelto per guidarci in questa fase finale) e infine poter ascoltare l'album e riguardare al percorso fatto. Ora si tratta di suonarlo live e vedere come risponde il pubblico!

Chiudiamo con una domanda che riguarda il futuro: quali sono le vostre ambizioni e cosa vi proponete di fare con questo progetto nell’immediato?

Vogliamo andare a The Voice, sembra diventata una tappa indispensabile per essere un musicista emergente in Italia. Naturalmente si scherza!

Edited by AndreaTuretta - 5/7/2016, 09:05
 
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