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TRA “SANREMO” E SAN… SCEMO, ECCO I TALENT(I)!

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view post Posted on 20/2/2013, 09:52
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TRA “SANREMO” E SAN… SCEMO, ECCO I TALENT(I)!

E’ da poco calato il sipario sulla 63ma edizione del Festival di Sanremo che, come sempre del resto, ci porta inevitabilmente a fare delle riflessioni, sicuramente personali criticabili pure nel merito (ci mancherebbe!) ma non per questo meno obiettive, in quanto vanno un po’ più in là della pura e semplice offerta canora.
Per entrare in tema, a livello di cronaca, va detto subito che i vincitori ufficiali sono stati Marco Mengoni con “L’essenziale” per la categoria “Big” ed Antonio Maggio (ex Aram Quartet) per la categoria “Giovani”, nel contempo che i dati d’ascolto auditel hanno premiato ancora una volta la kermesse con una media di 13 milioni di spettatori per un share del 53,8 %, a conferma che, comunque sia, il Festival rimane pur sempre il momento topico, catalizzante l’attenzione della musica italiana per eccellenza. Il Premio della critica “Mia Martini” e quello relativo al miglior arrangiamento sono stati appannaggio di Elio e le Storie Tese (categoria “Big”) mentre lo stesso premio della critica (per la categoria “Giovani”) è andato a Renzo Rubino.
Dati un po’ di “numeri” di cronaca, eccoci invece giungere ad una breve (ma non per questo superficiale) analisi dei cinque giorni che hanno catalizzato il teleutente festivaliero, capitolo per capitolo.

Festival-di-Sanremo-2013-425



- DURATA e GIOVANI: comprendiamo l’interesse (e gli… interessi) ma possibile che sia proprio necessario se non peggio, indispensabile, protrarre la kermesse per cinque serate-nottate, tenendo “sveglio” lo spettatore fino alle 0,30 ed oltre, compreso colui che ovviamente deve (o, dati i tempi…, dovrebbe) alzarsi presto il giorno dopo? Non si sarebbe davvero potuto invece accorciare il tutto al massimo in tre appuntamenti se non addirittura due, come del resto accadeva fino a qualche lustro fa?
Alla stessa maniera, non è affatto comprensibile perché (come colpevolmente accade del resto da anni…) i “Giovani” (che dovrebbero per le cui proposte si dovrebbe avere un occhio di riguardo, ed… orecchie bene aperte) vengano fatti cantare in prossimità della mezzanotte, quando ormai la voglia d’ascoltare del telespettatore inevitabilmente scema e lo stress è normalmente preda della nuova proposta! Un vero delitto (artistico)!
- SCENOGRAFIA-COREOGRAFIA: l’affermazione (ovviamente subito censurata dai… soliti noti, di Anna Oxa a “Domenica In” del 17 febbraio, secondo cui lo sfondo dell’“Ariston” quest’anno aveva assunto colorazioni assai plumbee, rasente il lugubre con il sotto palco, fronte platea, ove si notavano delle poltrone rosse vuote (che non si capisce a che uso?!) a mo’ di lumini, è apparsa emblematica (ed a parer di chi scrive almeno, azzeccatissima). Si potrebbe anche aggiungere l’ormai atavica assenza di addobbi floreali, che come ben si sa, sarebbero l’essenza non solo del Teatro ma anche della città che ospita la manifestazione; come dire che nell’era del virtuale anche i fiori hanno lasciato spazio all’immaginazione...
- DOPPIO BRANO: Per carità, l’innovazione ci sta; quello che non torna però è il perché dovesse venire escluso uno dei due brani proposti dal cantante? Infatti se i due pezzi dovevano dare maggior spessore (ed modalità d’ascolto) alla singola performance, non si spiega il motivo del dover per forza fare una scelta tra le due canzoni, invece che porli assieme sul piatto delle valutazioni delle giurie?
- GIURIE: Qui il discorso si farebbe lungo e pure “scomodo” per cui ci si limita ad una considerazione. Possibile che, quasi puntualmente, tutti i brani più “ritmati”, se vogliamo dirla tutta, più “festivalieri” tra i due proposti da ogni artista, dovessero venire drasticamente eliminati? Dopodiché, quale potrà mai essere la giuria più affidabile? Quella più popolare del televoto (magari ripetuto…) o quella di “qualità” (sulla cui competenza effettivamente specifica poi, ci sarebbe da discutere all’infinito) predisposta più o meno ad arte?
- TALENT SI’, TALENT NO?: Detto che “Sanremo” sarebbe per antonomasia (almeno fino a pochi anni fa) l’unica vera vetrina per un giovane artista in cerca d’affermazione (e, di riflesso, popolarità) e che quindi, i “Big” dovrebbero fare storia a sé (magari fuori gara) diventa alquanto relativo prendersela con i giovani usciti dai vari “Talent Show” perché poi, quasi subito, finiscono sul palco sanremese. L’impressione è che (“per tagliare la testa al toro”, come si dice) sul palcoscenico per eccellenza della musica italiana, dovrebbero allora distinguersi varie categorie (come del resto già successo in una delle ultime edizioni…) compresa quella dei (migliori) reduci dai “talent”; una volta poi decretati i vari vincitori delle diverse categorie (la suddivisione potrebbe essere operata sia a livello di generi musicali, che di puro “curriculum” ed esperienza artistica del singolo cantante che, non di meno, se trattasi di gruppi, donne, uomini o, detto senza alcuna ironia, transgender). Ecco allora che, una volta selezionati i vincitori per ogni categoria si potrebbero scegliere poi i tre del podio, tra cui il vincitore assoluto. In tal modo finirebbero le polemiche e, probabilmente, la scrematura avrebbe un suo senso più compiuto e meglio ancora, definito.

- CANZONI: Detto che ovviamente le scelte operate circa la selezione dei protagonisti in gara sono state dettate dalla linea della direzione e conduzione (che poi li hanno effettivamente selezionati) del Festival e che, quindi, possono essere o meno condivisibili (ci sarebbe piaciuto sentire alcuni brani scartati, come ad esempio quelli di Alexia e Mario Biondi, tanto per fare due nomi…), sottolineato il fatto che tra la categoria “Big” sono finiti degli illustri sconosciuti (o quasi) non comprendendone il motivo, veniamo decisamente “al punto”, ossia alle canzoni.
Per quanto attiene la proposta strettamente canora, riteniamo di poter dire (sono certo che poi, magari ci tireremo addosso molte critiche ma siamo sempre abituati a dire ciò pensiamo, liberamente, senza alcun bavaglio e, quindi facilmente, operando controcorrente, se il caso) che il livello medio delle canzoni proposte in questa edizione festivaliera, a differenza di quanto sbandierato ai quattro venti, dai vari addetti ai lavori (od… interessati di parte vari) è stato, almeno a nostro (sempre opinabile, certo) avviso, assolutamente insufficiente, con arrangiamenti e tonalità fin troppo soft, per non dire soporifere, al punto che diventa a dir poco impresa titanica trovare un paio di motivi che si levassero nettamente sugli altri.
Bene (si fa per… dire); viste le classifiche finali, riteniamo ci sia quantomeno da porsi delle domande circa alcun pezzi, che ben difficilmente (con altra direzione ed organizzazione) avrebbero potuto meritare di calcare il palco sanremese, essendo stati improntati fin troppo sulla “nicchia” (del genere jazz, swing, soft in primis) quando invece si sa che, per antonomasia, “Sanremo” dovrebbe regalare al pubblico medio (ma non per questo mediocre) brani molto più “popolari” (che non è una bestemmia, ma significa aperti alla più ampia platea e non come definito da qualcuno, solo al “dottorato”…) dal facile ascolto ed apprendimento, al punto poi, da poterli ricordare il giorno dopo, senza alcuna fatica mentale.
In tale quadro, consideriamo quantomeno discutibile (in ambito “Big”) porre sul podio un pezzo come “La canzone mononota” quanto… monotona degli “Elio e le Storie Tese” (molto meglio sarebbe stato cogliere l’altra loro proposta, “Dannati forever”, di ben altro “spessore”), sì come promuovere brani come “La prima volta che sono morto” (Cristicchi), “Sai (ci basta un sogno)” (Gualazzi), “Dispari” e “Vorrei” (Marta sui tubi), “A bocca chiusa” (Silvestri), Dr. Jekill Mr. Hide” (Molinari e Cincotti), “Quando non parlo” (Maria Nazionale), “Onda che vai” (Almamegretta), “Niente” (Ayane), giusto per non fare nomi. Alla stessa maniera ci pare alquanto incomprensibile non siano state meglio considerate, premiandole a dovere, canzoni che potevano, assieme al buon brano di Mengoni “L’essenziale”, meritare il podio, come “Sotto casa” (di Max Gazzé), “L’esperienza dell’amore” (Chiara Galiazzo), “Dannati forever” (Elio e le Storie Tese), “Non so ballare” (Annalisa), “Senza ritegno” (Gualazzi), pezzi ben più “in tono” con la manifestazione e, comunque molto più ritmati e “svegli”, per un più facile quanto istantaneo ascolto (e ramento).
Alla stessa maniera (e passiamo alla categoria “Giovani”) non si comprende il perché dell’esclusione dal podio per brani come “Dietro l’intima ragione” (dei Blastema) o “Storia impossibile” (Andrea Nardinocchi), decisamente una spanna, forse due, sopra gli altri.
Ma per carità, l’analisi potrebbe rientrare (anzi, rientra di certo) in una visione semplicemente soggettiva, relativa a gusti ed opinioni piuttosto personali, per cui, tutto va rapportato alla libertà di critica, condivisibile o meno dagli altri. Come giustamente, ribadiamo, dev’essere!

OSPITI: Pur qui ci sarebbe da lasciarsi andare a non poche riflessioni, per pura scelta di sintesi invece, ci si limiterà a delle brevissime valutazioni per ogni personaggio intervenuto a corollario.
Maurizio Crozza – ha dovuto sostituire Roberto Benigni, saltato all’ultimo momento, di conseguenza non ha potuto preparare a dovere il copione con perfettibile accortezza; di certo se l’è cavata comunque sufficientemente bene, non meritando affatto, sia chiaro, la contestazione plateale di un paio di persone… stonate. Anche perché, chiunque egli sia, prima lo s’ascolta, poi lo si giudica. O no?
Antony Hegarty – voce eccezionale, che sposa strumentalità ed ugola, ben oltre il puro umano.
Roberto Baggio – seppur brizzolato, senza più il mitico codino, un po’ più “in carne” rispetto agli anni in cui giocava, il suo carisma è indiscutibile, così come la sua sensibile umanità comunicativa. Pallone (ed uomo) d’oro!
Asaf Avidan – l’artista israeliano è tanto esile quanto portatore di una voce unica quanto carismatica. Assolutamente da applausi.
Beppe Fiorello – anticipa il film su Domenico Modugno che peraltro, assai bene interpreta, coprendo assai degnamente il proprio spazio sul palcoscenico, da grande artista (ed uomo) qual è.
Neri Marcorè – “Copre”l’assenza di Carlo Verdone nella giuria di qualità, si presta al duetto degli Angela (Piero ed Alberto) duettando con Fabio Fazio, con la solita quanto ineguagliabile vérve artistica. Ineccepibile.
Al Bano - viene da chiedersi perché fuori gara? Forse perché solo la sua presenza (vocale) è emblematica di pura melodia “tradizionale”? Dopodichè le flessioni non erano davvero richieste.
Pippo Baudo – ogni sua presenza, anche la più fugace, rimane pur sempre segno tangibile di carisma e professionalità assicurate. Anche se il tempo passa anche per lui (ed i capelli si fanno grigi) rimane un’istituzione, difficilmente sostituibile!
Toto Cutugno – Come sempre ineccepibile la sua proposta canora-popolare, molto meno l’accompagnamento del coro (addirittura dell’Armata rossa!?) quanto l’amarcord per l’Unione Sovietica… caro Toto, meglio rimanere al puro canoro.
Bar Refaeli - la top model israeliana ha bellezza da esporre (limitatamente all’occasione ovviamente) molto da proporre (come promotrice di una compagnia di moda) moltissimo da rendere (come batterista…). Vien da chiedersi se fosse davvero necessaria la sua presenza (anche per i costi…)?
Bianca Balti – altra top model, questa volta nostrana, della quale però, come per la collega, non si comprende bene l’utilità della presenza?!
Rocco Siffredi – E’ la prima volta che si “scopre” cantante (di spalla ad Elio e le Storie Tese) dopo ben altre performances e gemiti… durevoli (ma in fascia ben più protetta). Mah!

- CONDUTTORI: come si sarà ben compreso, in un Festival che in generale, a differenza d’altre edizioni, non c’ha affatto attratto né tantomeno sedotto, al punto da riuscire a seguire con “fatica” le prime tre serate (giusto per saggiare tutti i brani proposti) e solo parzialmente le ultime due serate (fatto inusuale per uno che, come ama la musica come chi scrive, ma non solo lui…) va dato atto che Luciana Littizzetto ha meritato tranquillamente la promozione (anche se avremmo voluto vederla un po’ più “libera e propositiva”, maggiormente “fuori dagli schemi…” e senza alcun ritegno dettato magari da copione o… fascia oraria) per la sua presenza sempre efficace e brillante mentre, purtroppo, non s’è notata affatto (come del resto la volta scorsa nel 2001…) altrettanta capacità “penetrativa” (intesa come “bucare” il video) in Fabio Fazio, apparso troppo staccato dal contesto (forse pensava eccessivamente alla prossima puntata di… “Che tempo fa?”, programma sicuramente a lui più congeniale) e poco partecipe in quanto (sempre a sindacabile nostro avviso, certo) non così propriamente addentro al panorama musicale, come invece un conduttore del Festival dovrebbe sempre (o quasi) essere. Una conduzione la sua fin troppo soft, lineare, sotto… tono, davvero “mononota” (molto meglio la sua prestazione nella veste d’imitatore di Vespa, Piero Angela e Mike Bongiorno) in sintonia con la scenografia di cui sopra… Con tutto il bene che si può volere a Fabio (che da persona intelligente qual è rispetterà benissimo la critica) le cui colpe poi, sono di riflesso, rimane il grosso dubbio del perché la Rai non abbia optato per una conduzione più “frizzante” e “specifica”, come avrebbe potuto essere quella con al timone, Carlo Conti (tanto per fare un nome) che avrebbe unito brillantezza, acume, competenza e stile? Magari con una Loretta Goggi, Lorella Cuccarini o Manuela Aureli al fianco! Sarebbe stato forse chiedere troppo?

- CONCLUDENDO: Preso atto dell’analisi, sicuramente fuori dagli… schemi (e dagli… schermi), chiarito che quest’anno il Festival (e non la si metta in politica per favore, almeno nella musica come nello sport, lasciamo che destra sinistra e centri vari, non c’entrino affatto!) non ha incontrato affatto il nostro favore critico quanto personale interesse, va detto che, purtroppo, a riprova della stessa scenografia (che ribadiamo: lugubre) quasi premonitrice (…) la kermesse ha dovuto annoverare (davvero, ahinoi!) l’ennesimo decesso artistico, in corso d’opera (o quasi).
Infatti, puntualmente, dopo i già noti decessi dei vari Luigi Tenco, Domenico Modugno, Claudio Villa, Mino Reitano, Lucio Dalla (spentisi durante la manifestazione stessa o di lì a poco tempo) il lutto ha colpito duramente Franco Gatti dei Ricchi e Poveri, cui è venuto a mancare il figlio Alessio di 22 anni (in circostanze ancora da chiarire con precisione) proprio poche ore prima che il padre dovesse apprestarsi a salire con i compagni di una vita (artistica in primis ma pure umana non di meno) Angela ed Angelo, sul prestigioso palco dell’“Ariston”. Una bruttissima notizia per un brutto Festival (almeno per noi, semplici professionisti ma mica necessariamente… dottori, categoria cui è stato, più o meno in via ufficiale, tendenzialmente configurato) da ricordare certo, come troppo spesso accade ormai, per gli ottimi ascolti d’auditel e share, qualche bella canzone, un po’ d’ospitate (alcune poi alquanto discutibili) nel mezzo, ma non certo da regalare agli annali come memorabile. Troppe le “stonature”, non tanto (o non solo) a livello strettamente canoro ma a partire proprio dall’eccessiva linearità soft in generale e dal cast non certo (salvo rare eccezioni) tra i migliori nell’ultrasessantennale vita della kermesse. Giusto per dire che non sempre “Sanremo è Sanremo” ma diventa San… scemo. Vuoi vedere che “X-Factor” ed “Amici” sono in corsia di sorpasso con i veri talent(i)?!

di Luca Turetta
 
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