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Intervista con i Seddy Mellory

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view post Posted on 24/11/2010, 17:45
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Intervista con i Seddy Mellory

Di Andrea Turetta

E’ uscito recentemente per Kandinsky, l’Ep dei Seddy Mellory, “Looking for the wild pialla in the club copula” un nuovo disco facente parte della collana Eureka II Serie, distribuito Audioglobe e al quale segue la pubblicazione del video clip estratto dal brano “The club copula” per la regia di Marco Bertoglio I Seddy Mellory nascono a Brescia come power trio alla fine del 2005 da elementi di Edwood, La Mamounya, Demi-jour. I festival estivi del 2010 ne sono danno la definitiva consacrazione con la partecipazione al sOMEfestival con i Linea 77 e la ormai mitica esibizione al Mammut Festival. Ecco cosa ci raccontano nell’intervista che segue…

E’ uscito il vostro Ep, “Looking for wild pialla in the club copula”, quali possono essere le differenze sostanziali rispetto ai vostri precedenti lavori discografici?
Blodio: Abbiamo sin qui vissuto di un forte dualismo compositivo che definirei “orizzontale”: alcuni pezzi suonavano strong, altri pop. Da questo lavoro entriamo definitivamente nel periodo del dualismo ”verticale”: all’interno dello stesso pezzo cerchiamo di far convivere il nostro dualismo, puntando ad un’omogeneità stilistica più marcata.

Avete all’attivo molti concerti. Quanto sono stati utili per avere una maggior sicurezza e per fare squadra?
Blodio: I concerti sono il pane per una band di rock ‘n roll, sono “il momento”, la sublimazione del tempo passato in sala prove. Non c’è rock ‘n roll senza il live e tutto quello che si porta dietro, la tensione, la catarsi, il sudore; è come scoparsi individualmente lo strumento e collettivamente (come band) il pubblico. Devo anche dire che ultimamente amo il lavoro di studio, la ricerca delle soluzioni sonore, i tempi morti a smanettare gli effetti, la tensione creativa tesa alla perfezione del momento recording.

Con quale criterio avete scelto le canzoni da inserire nel disco?
EmiSeddy: Non è stato semplice. Avevamo un sacco di idee registrate durante le prove, alcune delle quali erano diventate davvero molto care a noi. Nel momento in cui abbiamo dovuto tirare fuori quelle giuste per lavorare abbiamo lasciato da parte ogni legame sentimentale coi pezzi e ci siamo lasciati trasportare solo dall’emotività. E’ un po’ come andare a pescare, non sei tu che scegli il pesce e lanci l’amo, tu lanci l’amo e prendi quello che ti arriva e che la corrente ti porta. L’alternativa era quella di buttare una bomba in acqua ed aspettare che i pesci morti venissero a galla. Ma sarebbe stato troppo costoso….e maneggiare bombe non fa per noi.
Paul: Le canzoni sono state composte di getto giusto per questo disco. Al contrario del passato, nel quale i nostri vecchi lavori in studio rappresentavano un po’ la raccolta dei brani composti nel tempo e presentati ai concerti, questo disco è diametralmente opposto: brani inediti, freschi e mai suonati prima in pubblico. Una stimolante scommessa.

Ci sono state delle canzoni rimaste nel cassetto che andranno magari a far parte di un prossimo album?
EmiSeddy: Più che canzoni vere e proprie, ci sono tante idee che hanno già una forma, ma ancora in stato molto embrionale. Dobbiamo lavorarci perché possano rendere al meglio secondo il percorso stilistico che abbiamo intrapreso.
Paul: La produzione creativa dei Seddy Mellory ha sempre vissuto di grande floridezza e di canzoni inedite, ne abbiamo davvero pieni i “nastri”, tuttavia il modo in con cui è stato concepito quest’ultimo disco ci ha ulteriormente stimolato e penso che i prossimi lavori saranno così: brani nuovi, composti di getto e con l’idea di guardare sempre avanti.

Ci sono degli aneddoti divertenti legati alla nascita del vostro disco?
Blodio: Questo disco è nato idealmente nel backstage della Latteria Molloy di Brescia, quando il cantautore irlandese Dave McAdam ci ha detto: “complimenti, sembrate gli MC5 con Prince alla voce”. Abbiamo pensato a togliere ogni fronzolo, abbiamo rispolverato gli amori di gioventù (punk rock e AC/DC) appiccicandoci il funk delle linee vocali. In due mesi abbiamo composto, arrangiato, registrato e mixato i cinque brani con una concentrazione e tensione emotiva totale. Non eravamo mai stati così uniti.

Nella composizione dei vari brani avete cercato di far sì che testi e musiche stessero bene insieme e non ci fosse la netta predominanza di una situazione sull’altra?
Paul: Esattamente. La forza narrativa della nostra musica sta proprio nel raccontare situazioni “balorde” e “particolari” senza velarle troppo. I testi sono molto espliciti e vanno di pari passo con il nostro esplicito modo di suonare

Il lavoro in Studio per preparare un nuovo disco, a grandi linee, come si svolge?
Blodio: Emi è il riffmaster, Paul è abbastanza folle da vederci sopra una storia, io abbastanza razionale da incasellare il tutto in una struttura, Tony il motore. Siamo arrivati in studio con una preproduzione accuratissima e una precisa idea del suono e della sua spazialità, un sacco di chitarre
tra cui scegliere lo strumento adatto per ogni tipologia di pezzo e, cosa non da poco, una quantità impressionante di pedali artigianali, tra cui alcuni personalizzati, realizzati dal nostro collaboratore jad&freer. Per questo lavoro abbiamo lavorato al TUP studio di Brescia e al RITMO & BLU di Pozzolengo trovando le professionalità adatte a convogliare al meglio il nostro mondo nei cinque pezzi che compongono l’ep.
EmiSeddy: In buona sostanza già te lo abbiamo descritto. Tutto parte dalle idee su dei riff che solitamente porto io, ma arrivano anche dagli altri. Poi tutti insieme si lavora a costruire una struttura a dare identità al pezzo tramite dinamiche, ecc…. La parte vocale arriva in questa fase ed il testo viene scritto quando la linea vocale è già stata inserita e solitamente questa è opera di Paul. Si può dire che io porto la stoffa per fare il vestito (riff, giri armonici, ecc…), Blodio si occupa di trovare il modo migliore per utilizzarla e la ritaglia imbastendola, Tony la sbatte per bene stendendola, Paul aggiunge tasche e bottoni e tutti insieme la si confeziona al meglio.

Attached Image: seddy_verticale.jpg

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view post Posted on 24/11/2010, 17:51
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Cambiano molto i vostri brani tra la prima stesura e la versione definitiva?
Blodio: Rispetto al passato ci lasciamo meno andare in jam session e tendiamo a dare struttura ai brani sin dalla prima prova. Questo è in particolare il mio compito, credo che quando un riff funziona è meglio fargli spazio attorno con un po’ di ordine. Quando la struttura è stabilita è secondo me più semplice capire con che arrangiamento vestire il pezzo definitivo.
EmiSeddy: A volte sono quasi irriconoscibili, altre invece cambiano pochissimo. Dipende tutto dall’idea che arriva e da cosa si vuole ottenere da quella. Se ad esempio arriva un riff tirato e nato da ascolti punk, potrebbe accadere che poi in fase di stesura, questo diventi un appoggio funkeggiante e saltellante cialtrone. Oppure viceversa. In questa fase molto dipende da Blodio e Antonio.

Socialmente, il rock è ancora considerabile come “musica di protesta”? Per cosa vale la pena di battersi oggi?
Blodio: Non credo che il rock sia tuttora da considerarsi di protesta, tuttavia può essere uno stile di vita “contro”. Sempre varrà la pena battersi, di questi tempi il recupero di un senso di civiltà basato su solidarietà e giustizia potrebbe essere un buon obiettivo per aprir bocca.
EmiSeddy : C’è sempre qualcosa per cui battersi. Dal momento che non viviamo in un mondo perfetto, in una società perfetta, i motivi per cui battersi sono innumerevoli. In particolar modo in un momento storico come questo, nel quale si percepisce che sia finita una fase e ne stia per iniziare un’altra. Siamo a metà del guado. Vediamo ancora la sponda che abbiamo lasciato, ma quella su cui stiamo per approdare è ancora distante e in mezzo all’acqua sono in tanti a cercare di stare a galla annegando gli altri. Ecco per cosa mi piace battermi, per le persone che vengono affogate.
Il rock è stato di protesta perché negli anni ‘50 proveniva da una cultura che la società dell’epoca considerava pericolosa e “stupida”. Non è più così. La trasgressione del rock ha perso questa valenza perché la società è cambiata. Questo non vuol dire che il rock non sia una forma di cultura che in quanto tale può contribuire a cambiare la vita delle persone. Se ne riesce a cambiare anche soltanto una, è già un successo.

Qual è il vostro rapporto con la tecnologia applicata alla musica?
Blodio: Siamo dei fanatici dell’analogico, anche in base a questo abbiamo scelto gli studi in cui lavorare. E’ poi ovvio che per un musicista in questi tempi la tecnologia è imprescindibile, facilita la vita e velocizza il lavoro; l’home recording a portata di tutti permette di realizzare preproduzioni che vent’anni fa erano fantascienza. Se poi per tecnologia intendiamo il modo in cui la musica viene fruita, allora sarebbe meglio tornare all’età della pietra.
Paul:. Per scelta questo disco è stato realizzato con tecniche rigorosamente analogiche, per cui definirei il nostro rapporto con la tecnologia, un rapporto anale.

Da anni si parla di crisi nel settore discografico… Quali pensiate siano le armi più efficaci per riuscire a superare questo momento di incertezza?
Blodio: E’ difficile dire dove il mondo discografico stia andando, è difficile dire dove il mondo in generale stia andando. La fruizione di qualsiasi prodotto ha raggiunto livelli di velocità tali da rendere inevitabile l'abbandono della fisicità. E' logico che per coloro che non hanno una memoria storica (quello che significava da bambino aprire un vinile, sentirne l'odore, interpretarne le immagini) acquistare un supporto fisico ha poco senso. Io personalmente spendo e godo come un matto riempiendomi la casa di vinili e cd. In generale, credo che nelle alte sfere della discografia dovrebbero preoccuparsi meno di assecondare i consumi nelle forme più attuali e tornare a concepire il loro lavoro come una missione culturale, fermarsi, capire e darsi obiettivi che non siano di breve periodo ma siano in grado di dare un futuro a loro e a tutti coloro che con la musica ci vivono. Il problema è che ci sono tali coglioni nelle alte sfere della discografia che chiedere un pensiero concreto di questo tipo è utopistico.
Paul: Tutto si sta muovendo verso la scomparsa totale del supporto fisico (cd, vinile, etc), ed è la normale conseguenza della rivoluzione tecnologica e del consumismo usa e getta del XXI secolo. Mi auguro che questa sempre più diffusa tendenza a non comprare i dischi possa contribuire a produrre meno rifiuti e a risolvere il problema delle discariche abusive. Detto questo penso che lo slogan che tutti gli artisti dovrebbero proclamare sia “ORIGINAL COMPACT DISK KILLS THE MP3 ILLEGAL MARKET, DON’T BUY IT”.

Quali sono gli artisti che più vi piacciono?
Blodio: Amo e ascolto tantissima musica e non potrei fare a meno di decine di dischi, anche se poi magari li ascolto solo un paio di volte l’anno. In questo momento non riesco a schiodare dallo stereo Joan Jett & the Blackhearts, I Gaslight Anthem e i Nashville Pussy. Su un’isola deserta porterei “Back in Black” degli Ac/Dc per ricordarmi di quanto la semplicità può essere perfetta, “Darklands” dei Jesus & Mary Chain per perdermi tra le braccia della mia donna ed “Exile on Main Street” dei Rolling Stones per stupirmi continuamente ad ogni ascolto.
EmiSeddy: “Exile” è per me una sorta di faro irraggiungibile. Un disco così vive di tutto e muore di nulla, come fosse un’ideale. E’ la genialità dell’imperfezione che diventa sublime. Poi, in questo periodo in macchina alterno tante cose: dai Radio Birdman a Dargen D’Amico, dagli Stones (quelli sempre) agli Ac/Dc, dal blues delle radici (Skip James su tutti) agli Einsturzende Neubauten, da The Band ai Motorhead, da Miles Davis al Krautrock….di tutto.

Quali pensate siano le cose che caratterizzano la vostra musica e i vostri spettacoli live?
Paul: Sicuramente l’energia e il sudore. La nostra è musica suonata con l’acceleratore a tavoletta, senza risparmio di forze, la giusta miscela di rock ‘n roll ed ironica schizofrenia.

Al momento è sempre più difficile creare qualcosa di veramente nuovo?
Paul: Assolutamente sì, e chi ci prova è un pazzo. Del resto, la genialità è anche follia.

Oggi, quanto conta l’essere indipendenti?
Blodio: Non credo sia ancora attuale l'annosa diatriba tra indie e major, era una cosa che aveva un senso fino ai primi anni novanta. Se pensiamo alle band che hanno cambiato la storia degli ultimi vent'anni (Nirvana ad esempio) non dobbiamo dimenticare che erano band indie nella testa ma major nella distribuzione, nella promozione ed in tutti i lati “business” della faccenda artistica. Quindi essere indipendenti ha un senso come fatto puramente artistico, come libertà di scelta, come gestione di sé stesso, ma la discografia è un business e nel business i capitali fanno la differenza.
Paul: Essere indipendenti discograficamente parlando non conta un emerito cazzo. Anzi, dal punto di vista dei guadagni è un suicidio. Tuttavia conta essere indipendenti nell’attitudine, nella testa e nelle idee. Questo vale nella musica come in ogni altra cosa.

E’ importante per ogni artista crescere e maturare. Come vi trovate cambiati nel corso del tempo?
Paul: Come già detto in precedenza, il progetto Seddy Mellory è molto maturato nell’arco di questi anni. Con l’esperienza live e i riscontri della critica siamo riusciti ad asciugare la nostra musica fino a renderla compatta e granitica, abbandonando le tentazioni fronzolesche dell’indie e concentrando tutto sull’immediatezza comunicativa del rock.

Sito del gruppo:
www.myspace.com/seddymellory

www.alcorpress.com

Attached Image: seddymellory2.jpg

seddymellory2.jpg

 
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