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Intervista con i Drunken Butterfly

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view post Posted on 14/5/2010, 08:28
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Intervista con i Drunken Butterfly

Di Andrea Turetta

E’ uscito “L’ultima risata” è il quarto album dei Drunken Butterfly. Un disco che nasce come sonorizzazione della pellicola “L’ultima risata” (Germania, 1924) del maestro del cinema muto W. F. Murnau ma che, nel corso del suo concepimento, si trasforma in una creatura che vive di luce propria. Tredici suite strumentali arricchite da una voce non voce: nessun testo cantato, ma suoni vocali che arricchiscono e completano le dense trame musicali ricche di elettricità oscura e pathos. “L’ultima risata” è stato concepito, arrangiato e prodotto in un casolare di campagna, adibito a studio, nelle colline marchigiane in provincia di Macerata. Alle domande dell’intervista ha risposto Lorenzo Castiglioni…

Come nasce il vostro gruppo?
Siamo nati intorno al 2000 nella piccola provincia di Macerata, la nostra prima esperienza seria è stata l’iscrizione alle selezioni per Arezzo Wave che, tra l’altro, abbiamo vinto. Dopo la partecipazione al festival, abbiamo stretto i primi contatti con la Fridge Records: da lì è cominciato il nostro percorso. Nel corso di questi anni ci sono stati diversi cambi di line-up e della formazione iniziale, quella storica, siamo rimasti io (voce, chitarra, tastiera) e Fabrizio (batteria). Prima di raggiungere la compattezza e la stabilità che abbiamo oggi, ci abbiamo messo molto tempo, col senno di poi possiamo dire che abbiamo sprecato diversi anni.

Ha richiesto molto lavoro, la preparazione del vostro album “L’ultima risata”?
Sì, si è trattato di un lavoro particolarmente lungo e laborioso anche se non difficile, in quanto il disco nasce come sonorizzazione de “L’Ultima Risata”, un film tedesco neorealista del 1924, quindi non soltanto come una raccolta di nuovi brani. In realtà abbiamo imbracciato gli strumenti e cominciato a comporre soltanto dopo aver studiato attentamente il film e dopo averlo assimilato.

Siete riusciti ad inserire tutte le canzoni che vi proponevate o qualcosa è rimasto fuori?
Per sonorizzare “L’Ultima Risata”, abbiamo cercato di comporre un brano apposito per ogni scena del film, cioè abbiamo voluto interpretare al meglio, almeno lo speriamo, il mood di ogni particolare sequenza. Ne sono uscite 13 tracce che sonorizzano il film dall’inizio alla fine senza interruzioni. Nulla è rimasto fuori perché tutto è stato appositamente pensato e realizzato con un preciso scopo.

Vi piacerebbe scrivere canzoni per altri artisti?
Sinceramente no. Facciamo musica per soddisfare una nostra esigenza personale, direi quasi un’urgenza espressiva, si tratta di una vera e propria vocazione. Non credo sarebbe un gran successo se costruissimo un brano cercando di capire come verrebbe fuori interpretato da qualcun altro. Diverso, invece, è il discorso delle cover: in quel caso ci piace molto prendere dei brani che giudichiamo particolarmente belli e significativi, manipolarli musicalmente fino quasi a stravolgerne la versione originale. Lo abbiamo fatto in passato con una versione dannatamente rock di “I tuoi occhi sono pieni di sale” di Rino Gaetano e con una elettronica di “Who loves the sun” dei Velvet Underground.

Siete un gruppo che scrive parecchie canzoni o escono fuori con una certa difficoltà?
In circa dieci anni di attività abbiamo pubblicato tre album e un ep, partecipato a due compilation con altrettanti brani inediti, composto una ventina di brani per Unusual Library (un data base on line contenente composizioni per uso cinematografico) per cui direi che siamo abbastanza prolifici, semmai è la nostra visibilità che deve crescere. In questo senso la nostra nuova etichetta IRMA Records ci sta aiutando moltissimo ed in particolare Antonia, che si occupa della nostra promozione, sta facendo un ottimo lavoro.

E’ stato complicato trovare chi credesse nella vostra musica?
Beh, i primi passi importanti nel mondo della musica li abbiamo fatti grazie a Marco Bragaglia, un nostro conterraneo che, oltre ad essere un responsabile degli eventi per un’importante azienda è anche un bravissimo artista: senza di lui oggi non saremmo sicuramente dove siamo. Ci ha aiutato a creare la nostra immagine, ad ottenere dei fondi per registrare i nostri brani, insomma ha davvero creduto nel nostro progetto. Diciamo che si è trattato di una sorta di Andy Warhol per i Velvet, non a caso è stato sempre lui il realizzatore della copertina del nostro primo cd “Pornocoma”, anche se non era una banana.

Dal punto di vista “Live” avete trovato dei buoni riscontri dal pubblico?
Il mercato live di oggi, così come quello dei dischi, è diventato estremamente saturo, per cui è sempre più difficile trovare dei buoni spazi per proporsi ed ottenere dei riscontri positivi. A dire il vero, nei tempi che hanno preceduto l’uscita del nostro ultimo cd, abbiamo fatto davvero pochi concerti, alcuni dei quali in situazioni improbabili. Poi con la sonorizzazione del film è cambiato tutto, come se avessimo finalmente trovato al nostra strada. Sarà per la qualità della proposta, sarà per la particolarità dello spettacolo che si differenzia dal semplice concerto, fatto è che le cose hanno preso un’ottima piega e c’è molto entusiasmo attorno a questo tour.

Attached Image: drunken_butterfly_pic1.jpg

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view post Posted on 14/5/2010, 08:36
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Cosa vi piace e cosa meno dell’ambiente discografico?
Non ci piace il fatto che oggi a suonare sia praticamente chiunque, per dirla con una legge economica, più l’offerta sale più la domanda scende. Quando abbiamo iniziato, il fatto di ottenere un contratto discografico era un risultato enorme; oggi ci sono molti casi di ragazzini che, dopo essersi messi insieme da neanche un anno, si fanno il disco in casa, se lo stampano con i soldi di mamma e papà ed eccoli belli pronti per il mercato indipendente. Non funziona così, per noi la musica è una cosa estremamente seria, non una moda. Ovviamente in tutto questo contribuiscono negativamente anche tutte quelle etichette discografiche fasulle che spillano soldi ai ragazzi, magari con chissà quali promesse, e poi spariscono nel nulla.

Quali sono le fonti d’ispirazione per la vostra musica?
Per quanto riguarda “L’Ultima Risata”, trattandosi di una sonorizzazione, la fonte di ispirazione unica è stata quella del film. In passato abbiamo sempre trattato di argomenti reali, fatti di vita quotidiana, abbiamo sempre scavato nella parte più profonda e più scura dell’animo umano e delle sue relazioni.

Musica e letteratura, quali punti pensate possano avere in comune?
Non vedo punti in comune, parlando in senso stretto, secondo me sono due mondi che viaggiano separatamente. Anzi, ti dirò di più, quando leggo romanzi o letteratura in generale, preferisco sempre che ci sia il silenzio, proprio per concentrarmi di più su quello che sto leggendo, senza distrazioni. Aggiungo anche che i reading musicali non sono per nulla la mia passione. Comunque questo è solamente il mio punto di vista, di sicuro stiamo parlando di due fondamentali e importantissime forme d’arte: ecco, questo è il vero punto in comune.

E quali i punti d’incontro con il Cinema?
Con il cinema il discorso è completamente diverso: la musica in questo settore è stata sempre un elemento imprescindibile, basti pensare che, oltre ai consueti oscar per i film e per gli attori, c’è n’è uno dedicato alla colonna sonora. È proprio in questo senso che abbiamo concretizzato il progetto della sonorizzazione, il tentativo, secondo noi ben riuscito, è stato quello di realizzare qualcosa di originale e con dei contenuti culturali.

Quali pensate possano essere le qualità che rendono la vostra musica unica e diversa da tante altre?
Premesso il fatto che, oggi come oggi, dal punto di vista musicale tutto è stato fatto e che, inevitabilmente, chi fa musica finisce per riproporre, anche fosse in una minima parte, qualche cosa che è già stata fatta in passato, il nostro proposito è quello di comporre una musica sincera, potente, espressiva e ricca di contenuti. Non ci interessano le strategie commerciali, non suoniamo per i soldi e quello che ci preme di più è arrivare al cuore, allo stomaco ed alla testa delle persone.

A livello nazionale ed internazionale… stiamo uscendo dal periodo di crisi (o secondo alcuni, di profonda trasformazione) discografica o la strada da percorrere è ancora lunga?
Mah, il passaggio fondamentale verso una nuova forma di fruizione della musica è già avvenuto con l’avvento di internet e, a mio avviso, si è trattato di una trasformazione irreversibile. C’è stato un momento storico in cui si avvertiva chiaramente nell’aria che c’era una richiesta di profondo cambiamento, si capiva che le cose si stavano trasformando; il problema è che gli addetti del settore, in particolare le major, non hanno saputo interpretare correttamente il pensiero comune, non hanno saputo proporre politiche commerciali nuove, valide ed alternative, piuttosto sono rimasti arroccati dietro le loro posizioni superate, sperando che il fenomeno prima o poi sarebbe rientrato e sarebbero riusciti a prendere di nuovo il controllo, invece sono stati travolti subendo perdite incalcolabili. Certo, parliamo sempre di multinazionali che sono dure a morire, ma hanno sicuramente accusato il colpo.

Oggi, quanto conta l’essere indipendenti?
Per il discorso che facevo prima, credo che oggi il confine tra essere con un major o con una indipendente si sia molto assottigliato. Inevitabilmente le grandi multinazionali della musica hanno dovuto fare i conti, non più soltanto con i grandi nomi, ma anche con tutto il sottobosco musicale che si è venuto creando in questi ultimi anni per cui, hanno cominciato a mettere sotto contratto anche gruppi che in passato non avrebbero preso in considerazione affatto. Gli investimenti, inoltre, trattandosi di un settore in crisi si sono molto ridotti per cui se prima ci poteva essere una differenza enorme se entravi nella scuderia di una major, oggi le cose sono cambiate.

Secondo voi, in Italia, ci sono molti artisti sottovalutati?
Ce ne sono tantissimi. Anzi, credo che ci siano molti gruppi prodotti da major che in realtà non valgono più di tanto e, viceversa, tantissimi gruppi che potremmo definire underground che invece sono davvero eccezionali. Guarda l’esempio de Il Teatro degli Orrori: pur avendo pubblicato per una piccola etichetta come La Tempesta, stanno ottenendo un successo enorme, e questo perché alla fine la validità della loro proposta ha avuto la meglio su tutto il resto. Purtroppo, ma questo vale un po’ in tutti i settori, non è scontato che il bravo artista riesca ad ottenere un successo certo. In Italia i gruppi che sfondano difficilmente riescono a superare i confini nazionali mentre i gruppi europei di media fama, o quelli americani, riescono comunque a fare tour in tutta Europa.

Qual è il vostro rapporto con la tecnologia applicata alla musica?
Ottimo. Ci piace molto mescolare quelli che sono gli strumenti tradizionali con l’utilizzo dei computer, dei vari programmi musicali e della tecnologia in generale. Credo che, un artista che si voglia definire tale, debba necessariamente confrontarsi con i tempi in cui vive e debba di conseguenza cercare di utilizzare tutti i mezzi che gli sono messi a disposizione. Ovviamente bisogna imparare a miscelare bene il tutto, a saper utilizzare per ciascun brano esattamente le componenti che il brano stesso richiede. Questa è un’arte che si affina con il tempo e con l’esperienza, agli inizi la tendenza è sempre quella di inserire nelle canzoni di tutto di più!

Siti del gruppo:
www.drunken-butterfly.com
www.myspace.com/drunkenbutterflyband

www.irmagroup.com

Attached Image: drunken_butterfly_pic2.jpg

drunken_butterfly_pic2.jpg

 
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