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Intervista con Massimo ICE Ghiacci

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view post Posted on 11/11/2008, 18:02
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Intervista con Massimo ICE Ghiacci

Di Andrea Turetta

Massimo "Ice" Ghiacci da più di 20 anni si nutre di musica, condividendo negli ultimi 15 tale linfa vitale con uno dei gruppi di punta del nostro paese: i Modena City Ramblers. Ora, anche per Massimo "Ice" Ghiacci è giunto il momento di dare vita alle personali visioni ed emozioni con il suo 1° disco solista : Come un mantra luminoso. Come un mantra luminoso contiene 13 brani; 13 piccole - grandi sorprese scritte da un musicista che disegna il suo universo attraverso pennellate musicali di delicato spessore… Ecco l’intervista con l’artista…

Da più di 20 anni ti occupi di musica. Come trovi cambiato il settore dai tuoi inizi ad oggi?
Il nostro esordio “da professionisti” avvenne nel ’94 quando firmammo il contratto discografico con la PolyGram, divenuta in seguito Universal. Il momento era particolarmente propizio per le giovani band. La sensazione era quella di essere, al di là delle differenze stilistiche e di genere, parte di una “scena” che poteva contare da un lato, su di un pubblico nuovo, di giovani con una grande voglia di concerti e nuovi suoni, e dall’altro sul sostegno di una discografia, anche major, che in modo intelligente si era saputa accostare a queste band nell’ottica dell’investimento e del rispetto dei ruoli. Solo nella Black Out, la label della PolyGram per la quale pubblicavano le band più “indipendenti”, c’erano oltre a noi e ad altri, i CSI, i Casino Royale, i Negrita e poi Africa Unite e Verdena. Come dimenticare poi Mau Mau, Ustmamò, La Crus, i Gang ed il fenomeno delle Posse... Era una scena viva, con molte idee ed un pubblico interessato. Poi sono arrivati i masterizzatori ed internet. Tutto ciò è coinciso (e in qualche misura vi ha contribuito) con un radicale mutamento nelle abitudini dei giovani e nei loro “consumi” di musica. Il “prodotto disco” oggi finisce per essere un qualcosa che riguarda sempre più da lontano i teenager, che quando ascoltano musica lo fanno in modo molto diverso da quindici anni fa, con gli mp3, in cuffia mentre vanno a scuola, o sul computer mentre chattano o fanno altre cose. Ho paura che il declino del cd sia inarrestabile e che tra un po’ seguirà le sorti del vinile: oggetti per chi ormai “maturo”, continua a pensare alla musica nella vecchia maniera, concedendosi un ascolto in salotto sull’impianto stereo o predisponendosi a “gustarselo” durante un viaggio in auto.
Logico che l’intero settore ne soffra le conseguenze. Contrazione del mercato, le case discografiche che boccheggiano e rischiano la chiusura. E grandi difficoltà per le “band emergenti” che oggi sì possono con un investimento limitato arrivare a produrre un ottimo master, ma che poi difficilmente sanno che farsene se non venderlo agli amici. Perché comunque senza grandi investimenti promozionali (che oggi ancor più di ieri sono appannaggio dei pochi grandi artisti) “non esisti”.

Come si differenzia il tuo primo album solista dalla produzione che porti avanti con i Modena City Ramblers?
E’ un percorso totalmente personale, che per i temi trattati e per le scelte sonore, mi appare sufficientemente lontano dall’identità dei Ramblers per avere da un lato una sua legittimazione autonoma e dall’altro un senso nel momento in cui io continuo comunque ad essere, come musicista e compositore, parte della band. Alcuni brani che ho inciso erano stati pensati anni fa, in alcuni casi negli anni ’90, per i Modena, ma per motivi vari, scelte del gruppo e soprattutto la difficile “coesistenza” con le altre canzoni che poi sono entrate nei dischi, sono rimasti nel cassetto.
Brani legati ad un “immaginario” poetico e stilistico che comunque può essere in buona misura proprio anche dei Ramblers.
La maggioranza delle canzoni però è nata già sapendo che difficilmente, per la stessa natura delle composizioni, avrebbero potuto trovare “casa” nel contesto MCR.
Proprio per questo nel mio disco non c’è stato spazio per le canzoni apertamente “militanti” e “combat”. Questo tipo di composizione fa parte del percorso artistico che voglio continuare a condividere con i miei compagni.

Non è stato pubblicato un singolo ad anticipare l’uscita dell’album, segno che credete in tutto il progetto nel suo insieme?
Per quel che mi riguarda il disco ha un valore in quanto raccolta di canzoni, progetto unitario nella sua identità composta da tredici brani. Un tempo per finalità promozionali più che commerciali, si lavorava sul cosiddetto “singolo per le radio” che aveva la funzione di traino dell’intero cd. Oggi spesso il promo cd lascia spazio al file in download. Di concerto con Mescal, abbiamo pensato che per un lavoro come il mio avesse più senso puntare, anche per la promozione, sul disco nella sua integrità.

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view post Posted on 11/11/2008, 18:03
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In questo tuo “Come un mantra luminoso”, c’è Massimo Ice Ghiacci al 100%, libero da ogni altra influenza esterna?
Assolutamente sì. Dalla composizione all’arrangiamento delle canzoni, alla loro registrazione e produzione; c’è la mia firma ed il mio controllo su tutto. Naturalmente non posso non citare l’importante apporto in suoni e idee di tutti gli amici musicisti che hanno partecipato alle sessions, nonché il grande lavoro sui suoni ed i preziosi consigli di Andrea Rovacchi, tecnico del suono e collaboratore di vecchia data.

Le canzoni del disco a quanto ho capito sono uscite pian piano nel corso del tempo. Non è quindi stata un’idea improvvisa ma quasi una necessità di farle conoscere agli ascoltatori…
Hai colto perfettamente nel segno. Queste canzoni “premevano” per vedere la luce e in alcuni casi, come dicevo prima, anche da molti anni. Già da tempo rincorrevo l’idea di “mettermi alla prova” cimentandomi in una registrazione “in solitaria”. Ma solo l’anno scorso ne ho avuto il tempo. Gli ultimi cinque anni coi Ramblers erano stati intensissimi e mi avevano occupato totalmente. Con il termine del tour di “Dopo il lungo inverno” si apriva un piccolo spazio temporale di alcuni mesi dove finalmente potevo concentrarmi temporaneamente su questo mio progetto. La sorte ha voluto che le sessions cominciassero proprio all’indomani della tragedia della morte del nostro compagno Luca “Gaby” Giacometti. L’esperienza in studio mi ha permesso di rendere il dolore per la sua scomparsa una presenza sopportabile, che mi ha accompagnato in tutte le note suonate e cantate.

Si possono trovare nel tuo disco molti riferimenti che vanno da fine anni ’60 ai ’70… un periodo particolarmente creativo di cui forse oggigiorno si sente un po’ la mancanza?
La musica prodotta in quegli anni credo sia qualcosa che riaffiora in tutto o quasi ciò che è stato successivamente prodotto in campo musicale. Ciò che oggi non può più ritornare è a mio avviso la spontaneità con cui all’epoca si mettevano in musica delle idee. Oggi non si può, io credo, almeno in tema di rock, inventare e scoprire più nulla. Ma anche solo riuscire a combinare bene in una canzone le varie influenze e citazioni può risultare una cosa appagante dal punto di vista creativo.

Il tempo e la memoria sono due situazioni ben presenti nel tuo disco…
Sì, ritengo siano i temi centrali del disco. Visto che come dicevo, le canzoni sono state scritte in un lasso di tempo di diversi anni, devono essere argomenti che mi ispirano particolarmente. Temo di essere un individuo un po’ malinconico... Nel momento in cui ho deciso la scaletta del disco, mi sono poi divertito ad accostare le canzoni soprattutto in base ai testi e a particolari frasi in esse contenute.

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view post Posted on 11/11/2008, 18:05
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Ne “Il vento” c’è un invito a non aver paura di cambiare al passo con i tempi e di aver forse maggior fiducia in se stessi, nel proprio futuro…
Sì, soprattutto volevo parlare di quei momenti, che prima o poi si presentano nella vita di tutti, in cui si è chiamati ad agire, si “sente” che qualcosa sta per cambiare e noi stessi ne saremo i responsabili. In questi momenti è inutile cercare di fingere, raccontarsi delle “balle”... è l’istinto che ci guida, è la forza che ci chiama.

“Vagamondo” è una canzone probabilmente ispirata dai tanti viaggi che hai fatto anche nei tour con i MCR…
Bè, di “vagamondi” ne ho incontrati tanti in questi anni. E tutti in comune avevano la stessa particolare irrequietezza, che poi si traduce in curiosità e tensione alla conoscenza. E’ una dote dello spirito prima di ogni altra cosa, che rende il vagabondaggio una condizione dell’anima ancor prima che concretamente situazione fisica. In questo senso mi auguro un’eternità da vagabondo!

“Il fiore e le spine” è ispirato ad una poesia iraniana…
Una poesia regalatami da un vecchio amico dei Ramblers, Alì Ghaderi. Esule iraniano e politico militante in Italia. Sua è la voce che ricorre in alcune canzoni del nostro album “Radio Rebelde”. Dal primo momento che la lessi pensai che poteva diventare una canzone. Credo che lo stesso Alì ce la regalò per questo!

La Polaroid nella cover, ti ritrae con tuo figlio Davide. Lui e tua moglie, sono stati un po’ la luce che ha dato un qualcosa in più per la riuscita del disco?
Amo pensarlo. L’esperienza della paternità in particolare, mi ha reso meno insicuro e sicuramente mi ha spronato nel volermi mettere in gioco per questo progetto.

Ora ti attende un tour per promozionare questo tuo album. Che cosa potrà aspettarsi chi verrà a vederti sul palco?
Compatibilmente con gli impegni nei Ramblers, cercherò di portare dal vivo queste canzoni con una band composta, come per le registrazioni, da amici oltreché ottimi musicisti. Saremo in sei sul palco: Andrea Ferazzi alla pedal steel guitar e alle chitarre assieme ad Erik Montanari, Fulvio Pinto alla batteria, Gianni Campovecchi al piano e all’organo e Paolo “Dado” Campani (primo fonico dei Ramblers) al basso. Io suonerò prevalentemente la chitarra acustica.
Il suono sarà particolare, naturalmente non potrò replicare, nè mi interessa, le varie sonorità del disco, ma credo che daremo un’interpretazione interessante ai brani, tra la psichedelia country dei Byrds e i Clash!

Siti dell'artista:

www.myspace.com/massimoghiacci
www.massimoghiacci.it
www.ramblers.it

Si ringraziano per la gentile collaborazione Mescal e Manuela Longhi

www.mescal.it

Attached Image: MASSIMO_GHIACCI_3.jpg

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