Ci sono delle persone che intendi ringraziare per il risultato finale di questo tuo album d’esordio?Certamente. In primo luogo la mia famiglia, che mi sostiene sempre in questa strada. E poi tutti coloro con cui ho collaborato nel mio percorso, sia i musicisti sia le belle persone che ho conosciuto recentemente, che mi hanno regalato tempo ed amicizia e aperto nuove panorami.
Quali sono i valori cui tieni di più?Rispetto, sincerità, coraggio delle proprie azioni.
Fare musica pensi debba essere più improvvisazione o studio?Penso sia essere curiosi, voler sapere sempre di più e approfondire, studiare e lasciarsi andare insieme. Conoscere gli schemi e decidere autonomamente di non rispettarli. Oppure non sapere dove voler andare a parare ma inaspettatamente, per strani casi del destino, trovare quella soluzione.
Come autrice, componi tanti pezzi, o escono fuori in tempi piuttosto lunghi?Arrivano quando vogliono. Qualcosa accade e lascia il segno. Perciò tutto dipende dalla vita, dagli incontri e dagli scontri.
La scuola a detta di molti dovrebbe anche insegnare il rispetto e la conoscenza verso l’arte. Potrebbe essere un’arma valida per far risollevare le sorti di chi fa musica dopo questi anni di crisi?Decisamente. Educare al riconoscimento del lavoro di musicista in quanto tale. E poi i mass media dovrebbero incentivare la diffusione della buona musica, anziché propinarci ciò che spacciano per un prodotto voluto dalla massa, quando le logiche sono tutt’altre.
Oggi si parla tanto di precariato. In un certo senso, anche chi fa musica risente di questo clima d’incertezza?Costante incertezza. Alti e bassi. Soprattutto a livello umorale. Ma credo che in generale sia sempre stato così. È la storia di chi vive di un bene “effimero” e astratto quale l’Arte.
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